1993-2023: il richiamo dell’orgoglio

Dieci anni fa Carlo Sansilvestri “chiaccherava” su queste pagine con due protagonisti dell’indimenticabile rinascita del 1993: Maurizio Fossa e Walter Borelli. Un decennio dopo, l’hockey milanese sta vivendo uno dei periodi più oscuri della sua storia. Vale la pena tuttavia riproporre il racconto di un vero e proprio miracolo sportivo…

Nelle biblioteche di noi vecchi e malati saimini – ovvero quelli che i globuli rossi li hanno rossi ma i globuli bianchi li hanno ormai blu, quelli come il nostro amico Marino che da tre anni e qualche giorno insegna il forechecking agli angeli – ci sono alcuni volumi immancabili, imprescindibili, intoccabili da mani profane. Uno di questi si intitola “Milano Siamo Noi”: ripercorre la storia del Milano partendo dal 1985 e chiudendo con la nascita della Sportivi Ghiaccio Milano, la squadra che nel 1993 resuscitò il Rossoblu dopo un anno di temporanea assenza dal ghiaccio conseguente alla chiusura dell’HCM a fine stagione ’91/’92. Una squadra tuttora adorata da chi l’ha vissuta, una stagione tuttora ricordata come pura leggenda da chi c’era. Cosa vinse la SGM? Nulla, eppure rimane oggi come simbolo assoluto di quel che Saima significa, di quel che l’hockey Milano è per la sua gente: è un risultato mistico, per ottenere il quale non contano gol e scudetti, ma spirito, clima, atmosfera, chimica tra squadra, società e tifosi. E quell’anno, malgrado un roster senza superstar o quasi, tutte quelle cose si svilupparono in maniera organica e perfetta: poche risorse, una situazione organizzativa tutta da costruire, ma tanto cuore, tanta umiltà e, sul ghiaccio, gente con palle enormi, per essere chiari. Chi c’era, rivedendo oggi quella maglia, prova ancora un brivido. Non è freddo, è orgoglio. Sono passati vent’anni? Ma va, dai, non può essere, era ieri, tutto ancora troppo vivo. Ieri, oggi e domani.  E dopodomani, quando comincia una nuova stagione, già battezzata “anno dell’orgoglio”. Cosa vuol dire esattamente? Cosa significa? Forse è difficile spiegarlo a parole. Ad ogni modo, la risposta, per chi la vuole cercare, non sta certo nel dizionario alla voce “orgoglio”. Sta nei libri di storia hockeystica, che siano stampati su carta o impressi su anima, alla voce “eroi del 1993”. Sfogliamo allora i ricordi di due storici tifosi dell’Armata Piranesi, Walter Borelli e Maurizio Fossa, che quell’anno (e non solo…) prestarono anche ‘ufficialmente’ il loro servizio volontario alla causa Rossoblu entrando nell’organigramma societario. Il libro “Milano Siamo Noi” li presenta così: “Ieri solo tifosi, oggi anche attrezzisti e jolly della società che ha nel volontariato una delle sue colonne portanti. ‘Il nostro cuore è sempre in curva’, tengono comunque a precisare”. Ecco l’identikit del cuore Saima, allora come ora: gente che sostiene, fa, lavora, suda, separa corpo e anima, separa braccia e cuore, per poter essere sostegno in tutti i modi possibili. Anche loro, il Walter e il Mauri, sono un po’ simbolo di quell’annata in cui si era spesso come Davide contro Golia, che il nemico fosse una logistica da creare da zero, uno squadrone da affrontare o uno qualunque di mille altri problemi inquadrati, affrontati e spesso superati con le mani nude della passione totale.

MSN: Come ha fatto il destino a portarvi nello staff della leggendaria SGM?

WB: Tutto iniziò ad Aprile ’93,  per la partita della rinascita, il famoso ‘revival’ col Varese. Col Mauri ed altri tifosi e amici ci siamo dati molto da  fare per organizzare e pubblicizzare l’evento, comprese le notti insonni in giro per Milano ad affiggere i manifesti della partita…. La base di appoggio a Milano era ovviamente il Ristorante Quadrifoglio della famiglia Tomella in P.zale Susa.

MSN: Il cuore del tifo milanese è sempre stato un elemento vitale per garantire continuità, e la rinascita del 1993, dopo una stagione senza  squadra ma coi tifosi sempre presenti, protagonisti e rumorosi nel rivendicare il diritto ad avere di nuovo la loro Saima, è forse il caso più eclatante. Una stagione che condusse, appunto, all’organizzazione di quella partita-revival che i tifosi avevano fortemente voluto, ottenuto e che ora contribuivano ad organizzare.

MF: Già, lo staff organizzativo dei tifosi era in piena opera per preparare l’evento…. ci eravamo distribuiti i compiti: aeroporto per recuperare i giocatori, preparazione spogliatoio, pubblicità…tutto quanto servisse per la buona riuscita della manifestazione. Poi, passato l’evento, una sera al Quadrifoglio arrivò da Massimo Moretti la notizia del “via” alla SG Milano….e Oriana, il segretario generale della società, chiese a me e Walter di entrare nello staff della futura squadra…

WB: Oriana mi propose di collaborare come Accompagnatore Ufficiale. In un primo tempo non volevo partecipare, mi sembrava troppo impegnativo, poi Mauri insistette dicendomi che insieme avremmo fatto un ottimo lavoro e mi convinse. Quindi qualche giorno prima degli allenamenti cominciammo a supportare Oriana nella logistica, che partendo da zero richiedeva parecchie cose. Il problema più grosso fu che non c’erano ore ghiaccio disponibili per gli allenamenti a Milano, quindi si decise di andare a Varese, dove ci saremmo allenati al mattino subito dopo il Varese, cioè verso le 11.00. A quel punto si trattava di capire come fare avanti/indietro perché i nostri giocatori alloggiavano tutti a Milano e non si poteva trasferirli a tempo pieno a Varese.

Giorgio Comploi durante un allenamento a Varese

MF: Infatti, avevamo appena iniziato e già cominciavano le sfide…. ricordo il primo viaggio nella mia mitica Y10…. [ da cui il soprannome “Y10” con cui Maurizio è rimasto nella storia del tifo rossoblu – NDR], non ci stava più nemmeno uno spillo da come era stata riempita per il logistico…. successivamente sono arrivati un paio di furgoni messi a disposizione da Nino Odorici della Denicar…

WB: …. e si decise di fare Milano/Varese/Milano in giornata per le due settimane di training camp. Fu un po’ una sfacchinata ma in fondo anche molto divertente.

MSN: Allenamenti a Varese, problema per i tifosi?

WB: No, ovviamente: gli allenamenti venivano seguiti sempre dai nostri tifosi che salivano a Varese,  quindi di fatto era come se ci allenassimo al Palacandy, l’attuale Agorà.

Il primo allenamento a Varese con un roster ancora ridotto ai minimi termini

MSN: Il 23 Agosto 1993 si svolse il primo allenamento della Sportivi Ghiaccio Milano targata Saima Avandero.

WB: Il primo giorno di raduno ci ritrovammo tutti a colazione al Quadrifoglio; discorso del Presidente Moretti, poi primo viaggio verso a Varese coi 2 furgoni guidati da me e dal Mauri, più alcune auto. L’attrezzatura a disposizione era ridotta ai minimi termini, addirittura i primi giorni non avevamo neppure le borracce per far bere i giocatori e ci siamo arrangiati con dei bicchieri di carta. L’attrezzista e fisioterapista ufficiale della squadra era Oleg Kuchenev, un russo segnalato da Anisin.

MF:  Lui arrivò qualche giorno dopo, andammo io e Walter a prelevarlo, lui e la sua affila-pattini, in aeroporto. Ricordo lo show per scrivere il suo nome sul cartello….

WB: Era incredibile e davvero in gamba, con praticamente il nulla riuscì ad organizzare lo spogliatoio nel migliore dei modi e come fisioterapista a detta di tutti era eccezionale. Anni prima aveva seguito le nazionali russe per tre Olimpiadi e diversi Mondiali, era insomma un personaggio!!!!

MSN: Il libro degli aneddoti, conoscendo gli elementi coinvolti, è probabilmente più spesso della Bibbia, soprattutto per voi che praticamente vivevate negli spogliatoi. Bisogna estrarne un paio… cosa scegliete?

WB: Uno dei tanti risale a qualche giorno prima di partire per Varese; andando a prendere i giocatori che arrivavano da Canada e Usa a Malpensa, ricordo che Rico Rossi, appena sceso dall’aereo, ancor prima di sapere della squadra, degli allenamenti, dei tifosi e di tutto il resto, mi chiese: “Wally quando giochiamo il derby con i Devils?

Rico Rossi

MF – Ce ne sono parecchi, ma la “battaglia” per il numero 22 sulla maglia tra Tony Fiore e Carmine Vani mi è rimasto molto impresso ….. praticamente si arrivò al momento dell’assegnazione dei numeri, dopo un allenamento…..Fiore sul lettino massaggi dice “prendo il 22…”.  Vani, asciugamano in vita, dice che lo prende lui…. La risposta di Fiore: “È mio….”. Vani, avvicinandosi al lettino, gli dice in italiano: “hey Tony, io portato sempre 22…io no tolgo quello da mia schiena.” Gli ha detto proprio così…si sono messi tutti a ridere, ma il 22 alla fine sai bene chi lo aveva…

MSN: Carminator, ovvio. Era impossibile, d’altronde, superare questo punto senza che uscissero i nomi di Carmine Vani e Rico Rossi.

WB: Impossibile! Alpenliga, trasferta in Slovenia, se non ricordo male a Jesenice. Al confine sale il doganiere sul pullman: controllo dei documenti a tutti! Tutti a posto ma quando arriva in fondo al pullman dove seduto – anzi sdraiato su quattro sedili – c’era Vani,  il doganiere esclama: “Carmine Vani, passaporto scaduto non puoi passare; ti fermi qui e aspetti il pulman che torna indietro”.  Panico generale! Non potevamo lasciare giù Carmine e soprattutto non potevamo giocare senza di lui. Carmine, a quel punto, mentre tutti eravamo preoccupati, fa una risata ed esclama al doganiere “ehi, quello passaporto italiano scaduto ma questo canadese regolare”. Al doganiere, che in un primo momento non capì, spiegammo che Carmine aveva il doppio passaporto, quindi annuì. Tra l’applauso generale di tutti ripartimmo verso Jesenice, mentre Carminator rimetteva via il suo set di passaporti.

In primo piano Carmine Vani

MSN: Con gente come lui e gli altri, in quello spogliatoio si doveva respirare un clima incredibile…

WB: Si, incredibile, ripeto, non avevamo praticamente niente, almeno i primi giorni, ma tra tutti tantissima voglia di far bene! Kim Gellert, allenatore della squadra coadiuvato da Connie Priondolo, sin dal primo giorno impostò gli allenamenti sull’intensità e la squadra sulla velocità. Non avendo dei fenomeni in squadra dovevamo far girare il disco velocemente, quindi gli allenamenti erano sempre tiratissimi. Considerando che poi al pomeriggio quasi sempre c’era la sessione di allenamento a secco in palestra, alla sera erano tutti cotti ma contenti perché consapevoli che stava per rinascere una squadra di hockey, anzi LA squadra di Milano, cioè qualcosa di eccezionale.

Kim Gellert, coach leggenda del Milano

MF: Il clima era semplicemente fantastico…tutti collaboravano per ottenere il massimo risultato, e nonostante avessimo poco all’inizio, tutti aiutavano e, soprattutto, regnava l’umiltà. Nonostante il coach avesse da subito reso gli allenamenti impegnativi, noi collaboravano anche sul ghiaccio durante esercizi semplici come gli ingaggi, buttando il disco…

WB: La squadra era formata da un mix di giovani italiani e italocanadesi con precedenti esperienze nel nostro campionato e da qualche straniero – tra cui alcuni russi – alla prima esperienza da noi. Amalgamare tutti in poco tempo non fu facile ma Gellert e Priondolo ci riuscirono bene e abbastanza in fretta. Giocammo una buon Campionato e una discreta Alpenliga, ma la cosa più importante, e tutti ne erano consapevoli, era un’altra…il Milano era tornato!

MSN: D’altronde è proprio negli spogliatoi che nasce lo spirito di squadra, talvolta destinato, come nel ’93, a passare alla storia.

WB: Lo spirito era quello che ha contraddistinto il Milano in quegli anni: possibilmente vincere, ma dare comunque sempre tutto perché bisognava uscire dal ghiaccio consapevoli di aver giocato al massimo per la società e i tifosi. Il clima nelle prime due stagioni fu molto pionieristico, avevamo pochi mezzi a disposizione, qualche buon giocatore ma soprattutto tanta voglia di far bene, spinti sempre da un tifo eccezionale che per me resterà sempre unico.

MF: C’erano Canadesi, Italiani, Americani, Russi.. ed era fantastico vedere come si lavorava….. Il dott. Di Canossa era sempre presente e partecipava alle serate post-partita, a volte invitando tutti a mangiare una pizza o ad avvenimenti vari… e soprattutto c’era la forza morale dei tifosi che ritengo di dover dire NESSUNA squadra ha mai avuto come il Milano…

Tony Fiore, l'”ammazza-diavoletti”

MSN: Già: lo spirito di squadra nasceva in spogliatoio, ma poi si sviluppava e diveniva unico mescolandosi alla natura del suo popolo, della sua gente. Una chimica imprescindibile a Milano,  allora come ora.

MF: Fondamentale: squadra e tifosi vivevano la stagione assieme…erano gli stessi tifosi che sapevano fin dove potevano spingersi rispettando i ruoli…c’era davvero molto rispetto reciproco….i giocatori sapevano di avere un arma in più nei tifosi e ne erano fieri….

WB: Durante il periodo degli allenamenti a Varese, quando si tornava al Quadrifoglio alla sera per cena, era pieno di tifosi; i giocatori cenavano nei tavoli di fianco ai tifosi se non addirittura al tavolo con loro. Nelle due stagioni di SG Milano tra l’altro la squadra ha festeggiato il Capodanno al Quadrifoglio (in una sala a parte, ma poi dopo cena si ballava e si cantava tutti assieme). Addirittura, spesso i giocatori venivano invitati alle riunioni dell’Armata Piranesi, sempre al Quadrifoglio.

L’Armata Piranesi all’esordio casalingo in amichevole contro il Courmaosta

MSN: C’era un bellissimo rapporto reciproco, anche se mi pare ci sia qualche debito ancora da saldare….

WB: Il fattaccio risale all’anno successivo, quando giocavamo le partite al Palacandy ma ci si allenava sulla pista secondaria del Forum. Finito un allenamento (ricordo come fosse ieri, era il 7 dicembre e non lavoravo), infilo un paio di pattini e faccio un giro di pista, prendo una mazza e un disco e Iaquinta dallo spogliatoio mi urla: ” Wally se segni da centropista ti offro una cassa di birra!”. Sono passati diciannove anni…la sto ancora aspettando!!!!

MSN: Sarà nostra cura riaprire immediatamente il caso. Questo legame tra tifosi e squadra trovava modi di esprimersi ogni minuto di ogni giorno, ma c’erano momenti in cui raggiungeva livelli di intensità soprannaturale…

WB: Già…. i derby con i Devils e le partite contro Varese erano sicuramente le più sentite da tutti; un gradino sotto le sfide col Bolzano. Preparare e giocare queste sfide metteva una carica incredibile a tutti, società, giocatori e tifosi. I derby quell’anno erano la classica sfida Davide contro Golia ma noi avevamo qualcosa in più che i Devils non avevano, i tifosi! “Più segnate più cantiamo” [coro intonato ininterrottamente dallo schiacciante tifo rossoblu mentre prendeva forma una sconfitta 11-3 in un derby, il che valse il rispettoso saluto, a fine partita, del capitano rossonero Gates Orlando – NDR] non era solo uno slogan della curva, era la realtà di un tifo e di una passione senza uguali! Quest’anno, come negli ultimi anni, mancheranno molto queste sfide nel nostro campionato, sono queste le partite che attirano pubblico e sono maggiormente sentite anche dai giocatori. Al Milano di oggi auguro tanti successi sportivi, sperando di riavere quanto prima un campionato più completo e più competitivo perchè anche la perdita di Alleghe apre una grossa lacuna e spero le Civette tornino presto.

Chris Bartolone, nuovo idolo rossoblu

MSN: La storia dei derby di quell’anno è leggendaria e arcinota. La partita-simbolo dell’annata fu il primo derby stagionale, quando il cuore e l’anima Saima fermarono miracolosamente la corazzata-Devils imponendo un pareggio 2-2, raggiunto grazie a un gol del russo Igor Boriskov….

MF: Capimmo subito la portata storica di quel che era accaduto. Appena entrati in spogliatoio, Gabriele “Pancho” Villa (il backup del leggendario Mike Zanier) nell’euforia generale disse a Igor: “Tu non hai idea di cosa hai fatto. È come aver vinto il campionato”

Mike Zanier, simbolo assoluto della Saima

MSN: Infatti, in curva festeggiavamo come se avessimo vinto lo scudetto. Ed è così che ancora oggi tutti ricordiamo quell’anno. La storia propone corsi e ricorsi storici, è vero, ma ogni periodo, ogni epoca ha le sue caratteristiche e il suo contesto. Tifo unico e clima ineguagliabile sono ancora qui, e come base è sufficiente. Ora bisogna costruire. Il passato non come vincolo o àncora, ma come fondamentale ispirazione: adesso sta ai nostri ragazzi avere fame, umiltà e attributi, le porte della storia sono sempre aperte per chi sa come bussare.

Fine allenamento a Varese…

Un personale ringraziamento a Walter Borelli e Maurizio Fossa per la grande collaborazione, ed a Walter anche per la condivisione delle bellissime foto presenti nell’articolo.

Carlo Sansilvestri

Author: msn