Neanche il tempo di sedersi, tirare fuori il taccuino e fare mente locale su domande e argomenti ed è proprio lui, il nostro ospite Fabio Verga, a partire come un fiume in piena. Apre il libro dei ricordi, vivissimi, quasi che non fossero passati più di vent’anni da quel giorno dell’autunno 1986 quando l’allora giovanissimo collaboratore delle pagine sportive milanesi de “Il Giornale” fu spedito dal capo-redattore Roberto Perrone alla presentazione del Saimex: “Vai un pò a vedere se è una belinata o se merita!”.
“Non potevo immaginare che quel primo impatto con l’hockey avrebbe cambiato la mia vita- ricorda con orgoglio e forse un pizzico di nostalgia- di certo rimasi colpito dalla flemma con la quale Massimo Moretti snocciolava programmi e obiettivi come se il disegno che avrebbe portato di lì a pochi anni al trionfo del Saima fosse già chiaro nella sua mente. In serata il Milano sconfisse 23-0 lo Zanica e il mio capo-redattore si convinse che pattini e bastoni meritassero uno spazio fisso: mi affidò 50 righe nei giorni delle gare casalinghe da utilizzare per interviste ai protagonisti, più 60 il giorno dopo per la cronaca dei match. Iniziò così, e per sei anni quel mondo divenne il mio, influenzando notevolmente i miei destini lavorativi”.
Oggi stimato professionista nel campo dell’organizzazione di eventi e gestione delle risorse umane, con clienti del calibro di Milan e Inter, per una sera riveste i panni del Fabio Verga che i tifosi rossoblu hanno imparato ad apprezzare come telecronista del biennio magico ’90-’92. Molti aficionados di vecchia data recitano tuttora a memoria alcuni passaggi del suo commento nella storica vhs dello scudetto: ” Pensare che fu registrato a braccio, pochi giorni dopo il trionfo, dalle 10 di sera alle 6 del mattino perchè era l’ora in cui gli studi di Telelombardia erano liberi. Una notte trascorsa con Leo Siegel ed un tecnico tifosissimo rossoblu a sbobinare partita per partita, frammento per frammento. Una faticaccia, ma era il giusto suggello ad una stagione in cui il boom dell’hockey era passato anche attraverso l’accordo con l’emittente. Ricordo che per vincere lo scetticismo iniziale del responsabile Ruggero Muttarini feci i primi collegamenti a ottobre per il telegiornale accordandomi con l’Armata perchè facessero un pò di casino in modo da attirare l’attenzione. Si convinsero, ci diedero 10 milioni e così riuscimmo a coprire l’intera stagione collaborando con le tv delle varie località per le gare in trasferta, le cui cassette mi venivano recapitate al mattino dal tuttofare del Milano Luciano Dedè”.
A quel punto della storia Fabio era già entrato nell’entourage del Milano e del Forum, il nuovo avveniristico palazzo dello sport progettato per unire la fruizione dell’evento sportivo ad altre attività collaterali di svago: “Dopo un triennio come cronista al Giornale, ero ormai inserito in quella speciale famiglia che era l’ambiente Saima e così appena terminato il militare un giorno Moretti mi convocò nel suo ufficio per mostrarmi il progetto del Forum: Fabio c’è un problema,- mi disse- io adoro l’hockey ma mia moglie (Maria Luisa Cabassi, figlia di Giuseppe il patron del Milano, ndr) e le mie 4 figlie al Piranesi hanno freddo e sono scomode, così ho pensato a questo…Mio suocero è d’accordo, vuoi lavorare per noi? Così tra il serio e il faceto Moretti mi illustrò le sue intenzioni e iniziai a lavorare per lui. Quando venne inaugurato il palazzo nel 1990 assunsi un incarico nell’organizzazione, alle dirette dipendenze di Tony Cappellari ( già storico G.M. dell’Olimpia Milano, ndr)”.
Una figura che non ha avuto il giusto spazio nelle cronache saimine del tempo è proprio quella di Cappellari, deus ex machina della grande Olimpia, ma anche consigliere principale di Ron Chipperfield: ” Ron sapeva tutto di hockey, ma non aveva mai lavorato in una realtà come Milano e così da uomo intelligente quale è, individuò in Tony una figura di riferimento per la gestione della squadra fuori pista. I loro briefing erano quasi quotidiani e Tony finì per appassionarsi al Saima tanto da venire a Dusseldorf come semplice tifoso. Sia dal punto di vista umano che professionale gli devo molto, non fosse altro perchè non mi licenziò quando lo mandai platealmente a quel paese proprio durante la trasferta tedesca: mai sentito uno russare così forte, fui costretto a dormire nella vasca da bagno!”.
Ron Chipperfield evidentemente aveva fiuto per i tipi svegli e non c’è da stupirsi se, nel partire per il Canada alla ricerca dei giocatori giusti per il roster ’90-’91, si raccomandò proprio a Fabio affinchè seguisse la trattativa per portare in rossoblu un certo John Vecchiarelli: ” Il Pirata era inizialmente conteso tra Merano e Cortina, che vantavano entrambe un contratto firmato, ma non appena seppe della più sostanziosa offerta milanese fece capire di aver scelto la Saima. Forte della volontà del giocatore e facendo leva sulla evidente irregolarità della situazione, mi inserii nella trattativa. Tra i due litiganti il terzo gode e così posso ancora oggi vantarmi di aver comprato Vecchiarelli e di aver chiuso imbattuto la mia brevissima carriera come G.M.! D’altronde da uno come Ron c’era solo da imparare, pensate che la notte dello scudetto dopo la festa in Galleria e la cena, mentre tutti ancora brindavano, mi prese sottobraccio e mi portò in una stanza appartata: ok Fabio, iniziamo a pensare alla prossima stagione; e ricominciò a lavorare”.
Chip costruì un Milano di campioni, ma anche di personaggi particolari, non certo uno spogliatoio facile da gestire: “Mah, si è favoleggiato molto su quello spogliatoio e sul fatto che Vairo non avesse la situazione in mano. Tutte balle, vi posso assicurare che quando Lou parlava non volava una mosca. E’ vero che aveva un rapporto paritario coi leaders Manno e Stewart, ma di fronte agli altri la sua figura non veniva mai messa in discussione. Fosse stata una polveriera non si spiegherebbero imprese come la vittoria sul Turku. Una bella lezione per lo spocchioso coach finnico che andando a vedere gli allenamenti della Steaua sentenziò: beh gli italiani non saranno molto meglio di questi! La supponenza aumentò dopo il loro gol iniziale, ma quando si accorsero che col Saima non si scherzava erano già irrimediabilmente sotto 4-1”.
Gli si illuminano gli occhi a ripercorrere quei giorni, ulteriore riprova che chi ha avuto la fortuna di vivere la realtà hockeistica rossoblu in quegli anni ne conserva un ricordo indelebile: “E’ stato un periodo bellissimo, uno di quei rari momenti nella vita in cui ti senti parte di qualcosa di unico. L’hockey esercita un fascino incredibile e la Saima di allora, con quel pubblico e quei giocatori fu davvero speciale. Sono ancora affezionato a gente come Stewart, che se qualcuno sgarrava lo appendeva all’armadietto (Fiore, ndr), ma anche a tipi tranquilli come Foglietta. Certo erano un filo guasconi, magari qualcuno si fumava una sigaretta tra un tempo e l’altro, ma in pista furono una grande squadra. Rico Rossi era il più matto: una volta in pre-season organizzò un party nel residence di Binasco dove alloggiavano i giocatori. Dopo un pò dalle case vicine chiamarono la polizia che presto bussò alla porta. Rico aprì e senza dir nulla gliela sbattè in faccia; poi, prima di tornare ai bagordi, incrociò Stewart e gli disse: Billy è il tuo appartamento, sono cazzi tuoi!”.
La serata scorre così, tra una birra e un aneddoto, come fossimo di nuovo al Quadrifoglio col Tomella che abbassa le saracinesche. Prima dei saluti Fabio non si sottrae al giochino del Dream Team: “Vado per affetto: Zumofen in porta, Stewart e Fascinato in difesa, Chabot, Lavallee e Vecchiarelli in attacco” e ci tiene a ricordare un’altra figura fondamentale: “Credetemi ragazzi, Luciano Dedè fu il segreto del Saima. Non era un semplice accompagnatore, bensì l’autentico collante dello spogliatoio a disposizione assoluta dei giocatori per 14 ore al giorno. Risolveva tutti i problemi, piccoli e grandi, e amava il Milano come pochi. Lui davvero potrebbe scriverci un libro su quegli anni”.
Ecco l’ultimo regalo di Fabio Verga per noi: la dritta sul prossimo personaggio da intervistare per proseguire il nostro lavoro di ricerca. Riusciamo anche a strappargli la promessa di tornare un giorno a vedere una partita e magari di consegnare alla causa il suo primogenito: “Ha 7 anni e credo voglia provare con l’hockey, devo vincere le resistenze di mia moglie”. Ne varrebbe la pena Fabio, per la Saima!
da Milanosiamonoi, agosto 2007, di Giorgio Prando (hanno collaborato Stefano Bertoldi e Andreas Tonazzi)